a cura della Redazione
Resoconto della lettura di sabato 26 ottobre 2024
Inizialmente ci sono diversi interventi a proposito delle Silvae:
– Sono poesie d’occasione, poi raccolte secondo un equilibrio organizzativo (I libro prevalentemente descrizioni, IV dedicato a personaggi, V epicedi, altri meno definiti).
– Le lettere in prosa premesse ai libri confermano l’occasionalità delle singole poesie, che già circolavano nelle diverse circostanze prima di essere raccolte; a volte il poeta si scusa per la fretta con cui sono state scritte, come forma di autodifesa o per la civetteria di mostrare la propria velocità compositiva.
– Stans pede in uno direbbe Orazio, che non apprezzerebbe. Tuttavia l’impressione è di grande cura formale e di poesia dotta.
– Nel complesso si tratta di dignitosa letteratura, con buon interesse documentario.
– A suo tempo è stato provocatorio, mettendo insieme elementi di altri generi (ad esempio la descrizione).
– Il Medio Evo ha apprezzato soprattutto Stazio epico, valorizzato in particolare da Dante che ne fa un personaggio del Purgatorio e lo imita nell’episodio di Ulisse e Diomede (doppia fiamma come il rogo di Polinice ed Eteocle) e di Ugolino (vedi Theb. VIII, 760 ss.).
– Rimandiamo per Stazio all’articolo di Maurizio Zuliani, Cultura, gusto e poesia epica sotto i Flavi, in Zet. 2/2001, pagg. 8-24.
Uno di noi legge Silvae IV, 7
– La fonte principale su Vibio Massimo è Plinio il Giovane, oltre agli elenchi dei prefetti d’Egitto. Sappiamo che fu appunto prefetto d’Egitto in epoca successiva a questa poesia, e che fu coinvolto in malversazioni col figlio. Da questa apprendiamo invece l’attività militare in Siria, mentre non risulta un incarico politico o militare in Dalmazia (nonostante varie ipotesi estranee al testo, che è l’unica testimonianza).
– Sempre solo da questa poesia appendiamo che Vibio ha composto epitomi di Sallustio e Livio, che ripropone (reddis) al pubblico.
– Sembra che Vibio non sia obbligato da impegni a soggiornare in Dalmazia, quel luogo così squallido rispetto al dolce Lazio (dulci è parola virgiliana); forse deve restarvi per motivi familiari, per aspettare la nascita del figlio. Stazio non lascerebbe il Lazio (a parte Roma, aveva un villa sui colli albani) neanche per la località alla moda Baiae (desides, ‘pigra, che impigrisce’).
– Nonostante la professione di levitas lo stile di Stazio è piuttosto ridondante e ricco di figure retoriche, specialmente quelle proprie dello stile alto, come del resto si addice a un encomio. Oltre alle frequenti allitterazioni si possono individuare metafore, spesso di ambito militare: lato sociata campo (1), minores gyros (3-4), liricae cohortis (5), novi plectri (6), serta (11), amnis (12), primis metis (23), multa cruciata lima (26), Caesaris fulmen (50); iperbati, spesso accentuati da enjambement: fortis heroos … labores (2), minores … gyros (3-4), novi …plectri (6), tuas … Thebas (7-8), intonsa capienda myrto … serta (10-11), primis …metis (23), optimo … propinquo (35), ipsum … ignem (39-40), tuos … enses (45), rapidum … fulmen (49-50), amaram … legem (50-51), sub uno … vivere coelo (51- 52); metonimie: Dite viso (14), liticen notus (19), Mantuanae famae (27-28), vacuos penates (30), orbitas fugienda (33), orbitas tumulata (con anafora, 37), computat ignem (40), tuos enses (45), omne mundi senium remensus (54)
– Professione di poetica: benché citi la musa della poesia amorosa (Erato) la considera genericamente protettrice della poesia epica, a cui si è finora dedicato.
– Pindaro è citato in quanto tebano, quindi riconoscente a Stazio per la Tebaide, ma invocato come regnator lyricae cohortis.
– La poesia lirica è nuova per il poeta (novi plectri): non una novità nella letteratura latina come è stata per Orazio, orgoglioso di aver introdotto la lirica a Roma.
– Per Stazio è un tentativo, non un’impresa compiuta (tempto).
– L’evidente richiamo ad Orazio può dipendere dal classicismo dell’età dei Flavi?
– Vi sono varie riprese oraziane (ad es. Pindare in adonio ricorda Pindarus ore di Carm. IV, 2, 8).
– La nuova scelta è una diminuzione rispetto all’epica? Minores gyros contrapposti a ingens opus, e tenuare sembrerebbero indicarlo. Ma maior e castior indicano un bisogno maggiore e un’acqua più pura, quindi una superiorità della nuova scelta.
– Minores gyros si riferisce ai versi saffici, più brevi dell’esametro epico.
– L’acqua pura potrebbe richiamare la poetica di Callimaco (quindi novità anche in senso callimacheo)?
– La tecnica della saffica è rigorosa: tendenzialmente l’adonio è formato da due parole di tre e due sillabe, in quest’ordine.
– Ha un significato particolare l’uso di Camenis, antico nome italico delle Muse, aproposito della sua poesia epica? Camena è la dea invocata nell’incipit del primo poema epico latino, la traduzione dell’Odissea.
– L’epica richiede un tormentoso (cruciata) labor limae, si oppone al rischio del torpor, della lentezza (tardius), ha bisogno di un fidus monitor per non interrompersi. Vibio ha avuto questo compito per la Tebaide già terminata, ma l’Achilleide è ferma (haeret) al primo giro di pista senza il consiglio dell’amico (e resterà in effetti interrotta).
– Nostra / Thebais richiama Pharsalia nostra di Luc. Ph. IX, 985 s.
– Ritorna temptat in riferimento all’audacia di voler uguagliare Virgilio.
– I vv. 35/36 relativi al cacciatore di eredità sono molto tormentati: il testo tradito ha optimo…propinquo funus amici, ‘(chiedendo) per l’ottimo parente il funerale dell’amico’ (? ) o amici è vocativo? Altra lectio propinquum…amico ‘(chiedendo) per l’ottimo amico un funerale immediato’.
– Sicuramente amicus è contrapposto all’inimicus heres.
– Canali (Mondadori) traduce il testo tradito ‘il funerale del suo migliore parente e amico’, evitando la questione.
– Il topos della caccia ai funerali di chi muore senza figli è frequentissimo (Orazio, Giovenale, Petronio…)
– Nell’altra Silva che abbiamo da leggere (V, 5) la mancanza di figli è vista come personale dolore.
– Memorabis ha due costruzioni, con una variatio : prima il complemento oggetto enses poi la subordinata ut… dederit
– Variatio anche ai vv. 55 s., prima le opere e poi direttamente l’autore: reddis regge orsa + genitivo e poi l’accusativo alumnum.
– Legem costruita con l’infinito sub uno vivere caelo.
– L’unificazione dei popoli sotto Roma è qui una legge amara imposta ai vinti in fuga. Risente del doppio compito indicato da Virgilio: parcere subiectis et debellare superbos. Ma più positivamente Rutilio Namaziano dirà che Roma ha reso un solo popolo di molte genti.
– Il verso omne quis mundi senium remensus indica il compito dello storico (o dell’epitomatore in questo caso): rimisurare, ripercorrere tutta la vecchiaia del mondo.
– Senium ha in genere significato negativo: ‘decrepitezza, deperimento’, ma qui non sembra che abbia senso negativo. Omne e non totum indica ogni tappa della storia con valore distributivo (così intende l’IL che traduce ‘tutte le età’).
Leggiamo Silvae V, 4
– Anzitutto rimandiamo al tema del notturno sul sito di Zetesis. L’archetipo è Alcmane, con cui questo testo ha molte somiglianze.
– A differenza di altri notturni, in questo la persona che non riposa è l’autore stesso, non un personaggio. Sarà così anche per Dante: Ed io sol uno…
– Esametro molto vario, con tutte le cesure e le dieresi.
– Crimine quo…quove errore chiasmo.
– Perché il sonno è detto iuvenis? Nella Teogonia è uno degli dèi più antichi, figlio della notte, fratello della morte; in genere è considerato vecchio.
– In Theb. X, 84 segg. c’è un’ampia descrizione.
– Forse Stazio aveva in mente una statua in cui il sonno era presentato con forme efebiche. Ma placidissime sembra in contrasto (voluto?) con l’immagine giovanile.
– La descrizione è acustico / visiva secondo un gusto di tipo ovidiano.
– Tutto è silenzio, tacet, fessos…somnos, nec idem sonus, occidit horror, quiescunt.
– trucibus può indicare il moto violento, rumoroso; horror l’incresparsi delle onde.
– Il sonno del mare nel lamento di Danae: dorma il mare…
– simulant…somnos è tradotto da Canali ‘sembrano dormire’; forse è meglio ‘fingono’ ? Curvata completa la metafora, con lo stesso valore di adclinata. Monti piegati nel sonno, mari appoggiati alla terra.
– Phebe è la Luna, ipostasi di Diana sorella di Febo Apollo. Luna e stelle per sette notti lo hanno visto insonne, per sette volte l’aurora l’ha rinfrescato con la sua rugiada.
– al v. 8 varia lectio: revisent (tradito), revisunt, recusent, renident, recursant (questo richiamerebbe rediens)
– aegras malate o sofferenti; stare: immobili per la malattia?
– Unde ego sufficiam? Torna fortemente il notturno in prima persona.
– sufficiam: ‘resistere’? ‘trovare una soluzione’?
– Argo, il mostro insonne, ‘sacro’ o ‘maledetto’, non dormiva mai del tutto, ma solo con metà degli occhi (alterna statione).
– Il riferimento mitologico secondo me porta una caduta di gusto.
– Scenetta da realismo ellenistico o oraziano. Ne risulta un’autoronia che smorza quanto di drammatico c’era nella situazione descritta.
– Varia lectio: heus aliquis (tradito), heu si aliquis, nescioquis. La prima e l’ultima (questa dell’Oxoniense, liberissima) comportano una punteggiatura dopo repellit, mentre si aliquis crea una subordinata.
– Anche al v. 17 varia lectio: precatur( tradito) / precetur.
– laetior ‘più fortunato’.
Rimandiamo il terzo testo alla prossima volta.