L’Armenia storica (assai più ampia dell’attuale Repubblica d’Armenia) si presenta come un altopiano delimitato a Nord dalla depressione pontico-caucasica, a Sud dalla depressione mesopotamica, a Ovest dal corso dell’Eufrate e a est dalla depressione di Urmia.
In tale territorio tra il X e il VII secolo a.C. si instaurò il regno di Urartu con capitale Tushpa, caratterizzato da una notevole ricchezza mineraria che permise la lavorazione dei metalli e la pratica del commercio e da una discreta ricchezza idrica che favorì il diffondersi delle culture di cereali, viti e alberi da frutto.
Dopo l’assoggettamento agli Assiri il territorio fu sottoposto nel VII secolo all’immigrazione di tribù di lingua indoeuropea di cui è difficile indicare la sede originaria. La lingua indoeuropea qui importata fu soggetta all’influsso delle lingue preesistenti e l’armeno, in sintonia con gli idiomi caucasici, si caratterizzò per la perdita della categoria del genere e per l’accentazione sulla penultima sillaba.
L’Armenia, passata nel 620 a.C. sotto il dominio dei Medi, fu conquistata nel IV secolo da Alessandro Magno e, successivamente, legata al Regno di Seleuco. Questi primi contatti con il mondo e la cultura greci si rafforzano nel I secolo a.C. con i sovrani Ardaches I e, soprattutto, Tigrane II (140-54 a.C.).
Questi, insieme alla moglie Cleopatra, figlia di Mitridate, dimostrò una forte sensibilità alla cultura greca, invitando a corte artisti elleni, quali il retore ateniese Anficrate e lo storico Metrodoro, fondando teatri e favorendo l’allestimento di rappresentazione di tragedie greche. I principi della famiglia reale vennero educati alla greca e proprio il figlio di Tigrane, Artavazd, compose tragedie e discorsi di stampo greco.
L’ellenizzazione del I secolo ebbe anche implicazioni di ordine linguistico; infatti a questa epoca risalgono i primi prestiti greci che subirono le trasformazioni fonetiche proprie della lingua armena. Valga come esempio il termine Kaysr ‘imperatore’.
Nella medesima epoca l’Armenia per il suo legame con Mitridate entrò in un rapporto, seppur conflittuale, con Roma e, passata sotto il suo protettorato nel 66 a.C., ne subì gli influssi culturali. Il calendario armeno, infatti, venne riformato alla luce del calendario romano.
Nel I d.C., attraverso numerose lotte dinastiche, i Parti assunsero il predominio in Armenia e, pur nelle alterne vicende con Roma, lo mantennero anche nel II d.C., quando Adriano ripristinò in Armenia la dinastia partica degli Arsacidi. Proprio sulla corte partica di Ctesifonte si esercitarono nuovi influssi greci e i primi documenti della dinastia, le iscrizioni su monete e sui bassorilievi dei sovrani arsacidi, furono scritti in greco e il greco come lingua di cultura, sebbene limitato all’ambiente cortigiano, poté permanere anche quando venne utilizzato il partico, varietà dell’iranico.
Nuovi prestiti greci entrarono nella lingua armena in questa epoca sia direttamente, sia attraverso la mediazione partica. Il greco λαμπάς, λαμπάδος, ad esempio, entra in armeno sia come lampar, in cui la trasformazione della dentale intervocalica in liquida testimonia l’influsso partico, sia come lambatk’, in cui il mantenimento della dentale attesta la diretta derivazione dal greco.
Per la dipendenza dai Parti, ovviamente, si registrano in Armeno numerose influenze partiche, sia nel lessico che nella sintassi.
Con la vittoria della dinastia persiana dei Sassanidi sui Parti l’Armenia entrò nella sfera persiana e l’elemento nazionale prese il sopravvento sull’eredità greca. L’influenza iranica lasciò tracce indelebili nella lingua armena, tanto che oggi il cinquanta per cento del lessico armeno è di origine persiana e per lo più partica. Per questo fino quasi alla fine del XIX sec. l’armeno fu considerato un dialetto iranico.
Un’ulteriore fase dell’ellenizzazione della cultura armena si deve collocare nel IV secolo d.C., quando in modo radicale l’Armenia venne cristianizzata ad opera di Gregorio, vescovo parto educato a Cesarea di Cappadocia nella cultura greca. Attraverso l’istituzione di scuole di interpretazione di testi sacri in greco e in siriaco e attraverso la traduzione degli stessi in armeno si generò un influsso greco sulla lingua armena più profondo e produttivo di quello delle precedenti fasi dell’ellenizzazione. Si verificarono, infatti, prestiti del linguaggio religioso, agap dal greco ἀγάπη, diakon da διάκων, prestiti della lingua profana, pnak da πίναξ, influssi sintattici e calchi semantici. Il termine armeno erec‘, per esempio, accanto al significato originario di ‘più vecchio’ acquista quello di ‘prete’, per influsso del vocabolo greco πρεσβύτερος che affianca i due significati.
Elementi di provenienza greca si accostano quindi ad elementi di provenienza persiana ed arricchiscono il lessico e la struttura linguistica armeni.
Tuttavia non tutti gli influssi hanno lo stesso peso.
Infatti anche se i prestiti greci sono nel complesso numerosi come quelli iranici, poiché avvengono attraverso la letteratura ed in ambienti o cortigiani e ecclesiastici, compaiono per lo più nella lingua scritta, talora addirittura come hapax, e sono in genere scarsamente produttivi: dal greco derivano soprattutto sostantivi, aggettivi e avverbi. I prestiti persiani, invece, sono entrati nella lingua viva e sono perciò ampiamente testimoniati, vitali e produttivi.
La cristianizzazione, con le sue esigenze di evangelizzazione, favorì la nascita dell’alfabeto armeno che, seppur legato a quello greco per il carattere fonetico, per l’ordine e per il nome di alcune lettere, costituì un prodotto nuovo anche per i suoi rapporti con gli alfabeti siriaco ed ebraico. La creazione di un alfabeto adatto alla struttura fonetica dell’armeno contribuì alla nascita di una liturgia in lingua nazionale e di una letteratura armena e fu pertanto lo strumento dell’assunzione di una forte identità del popolo armeno.
Anche la prima letteratura armena attesta un forte legame con la tradizione greca; infatti per tale legame la produzione letteraria in lingua armena nacque già formata e giunse subito al massimo splendore, tanto che il primo periodo letterario è definito “aureo” e la prima fase della lingua è definita “classica”. Inoltre la letteratura armena nelle sue fasi iniziali dal V al VII secolo comprese moltissime traduzioni dal greco pur se eseguite su diversi originali e con diversi criteri. Nella prima metà del V secolo, il cosiddetto “periodo aureo”, e nella seconda metà del V e agli inizi del VI secolo, il “periodo argenteo”, vennero tradotte opere ecclesiastiche e teologiche, quali testi sacri, vite di martiri, omelie, scritture esegetiche, in modo fedele e linguisticamente accettabile. Esse si discostano dagli originali per uso di varianti spesso attestate dalle versioni siriache.
Tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo, periodo definito come “umanesimo armeno”, l’interesse dei traduttori si estese anche ad altri campi del sapere e vennero operate versioni di testi di grammatica, retorica, filosofia, aritmetica, geometria, astronomia e medicina. Rispetto alle traduzioni del periodo precedente, queste ripropongono in modo pedissequo gli originali nell’ordine delle parole, nella formazione dei sostantivi composti e nelle costruzioni sintattiche. In tali testi, ad esempio, la costruzione del participio assoluto, inesistente in armeno, viene riprodotta con una forma di genitivo assoluto, ad imitazione del greco. Tale tecnica di versione produsse testi oscuri, ma permette talora di ricostruire il testo greco nelle sue varianti più antiche, precedenti alla tradizione medievale.
Entrambi i momenti letterari attestano comunque un forte amore per la cultura greca sia pagana (Aristotele, Platone, Proclo, Porfirio, Dionisio Trace, Filone) sia cristiana (Crisostomo, Basilio, Gregorio di Nissa, Ireneo di Lione, Nemesio di Emesa), per lo più filosofica e teologica. Tuttavia non si può escludere che anche altri campi del sapere siano stati oggetto dell’interesse dei traduttori armeni perché mancano cataloghi aggiornati delle opere tradotte e perché i fondi dei manoscritti armeni sono conosciuti in modo ancora incompleto.
Alcune traduzioni armene hanno inoltre gran valore perché riproducono opere greche andate perdute nell’originale. I Sermoni di Filone sulla Genesi, il Commentario su Isaia di Crisostomo e numerosi passi di Padri ci sono pervenuti, infatti, solo attraverso le traduzioni armene.
L’influsso greco nella letteratura armena, manifesto nelle traduzioni, emerge tuttavia anche nella produzione originale, in quanto gli autori si rifecero ai modelli greci; gli storici, ad esempio, come Mosè di Corene, attinsero dalla storiografia greca sia il metodo, che il rigore, che le citazioni.
Da quanto osservato in precedenza, tenendo conto anche degli ulteriori sviluppi della storia del popolo armeno che lo vide oggetto dell’invasione araba nel VII secolo, sottomesso ai Turchi nell’XI, ai Mongoli nel XIII, ancora ai Turchi nel XV, conteso tra i Turchi e Persiani nel XVII e nel XVIII e infine politicamente diviso tra Turchia e Unione Sovietica, è evidente come tale popolo sia stato ripetutamente schiacciato e oppresso. Per la posizione alla confluenza tra Europa e Asia il popolo armeno ha subìto i disagi di continue invasioni, ma ha anche goduto i vantaggi di una precoce civilizzazione che lo ha portato a distinguersi dagli altri popoli orientali per letteratura e religione, a sprovincializzarsi e ad assimilare e armonizzare elementi di differenti tradizioni indoeuropee e non.